I resti della Repubblica Industriale

Un giorno, mentre gli studenti della Scuola Tecnica di Užice andavano a lezione di diritto, alla Rotatoria del Prvi Partizan, si sono ritrovati davanti ad un edificio abbandonato come negli horror: sull'edificio c'era scritto FASAU. Al ritorno dall'Auto Ventil (azienda che produce valvole per le macchine), hanno chiesto alla professoressa cosa ci fosse stato in quell'edificio. La professoressa ha risposto: "Vedete ragazzi, questa era una fabbrica che produceva rubinetti della stessa qualità come quelli italiani; negli anni '90 l'azienda è fallita e ora rimane solo questo edificio."

CATEGORIA: STORIA
25/10/2019 alle 20:45

Oggi non esiste più neanche l'edificio, un tempo orgoglio dell'industria di Užice e che da tempo non esiste più, abbattuto per costruirci un centro commerciale. Non è l'unica fabbrica ad essere stata distrutta però, è stata distrutta anche Cveta Dabić, in cui si producevano asciugamani, un'industria che provocava danni ecologici ma che poteva benissimo essere riconvertita e modernizzata. Azienda che è stata venduta ad un prezzo più basso di quanto costasse un suo singolo macchinario e che ci descrive benissimo il livello di furto che ha subito tutto ciò che è stato costruito dal popolo. Dall'edificio sbuca un albero di acacia, e parte del tetto è crollata. All'entrata della città, quando si va in direzione di Sevojno, vi aspetta lo scheletro dell'edificio della pelletteria cittadina, un ambiente adatto per filmare un horror. La cosa interessante è che Prvi Partizan, azienda che produce munizioni per gli Stati Uniti, fatturi in negativo. L'ultima cosa che il Sindaco di Užice ha inaugurato è l'ascensore in spiaggia.
Giganti industriali sono falliti e chissà quante fabbriche sono fallite di cui noi non ci rendiamo conto. Un esempio che allunga la lista di fallimenti pianificati è quello della Zastava Automobili. Progetti della quale fabbrica non hanno mai visto la luce del sole, tra cui molti progetti per macchine elettriche. Nel periodo in cui le macchine elettriche conquistano lentamente ma in modo costante il mercato, il progetto che poteva salvare e rafforzare la Zastava invece non è mai stato portato a fine.
Alla lista di fallimenti si aggiungono poi fabbriche come l'Industria Elettronica (EI) di Niš o la fabbrica Subotica Sever. La prima poteva essere la guida nella produzione elettronica in Serbia e forse in tutto il territorio dell'Ex-Jugoslavia. Negli anni '80 EI Niš produceva anche i computer, oggi invece è in bancarotta. La fabbrica Subotica Sever ha continuato a funzionare anche durante il periodo delle sanzioni, mentre dopo l'entrata della cosiddetta "Fase di transizione" è stata venduta ad un’azienda italiana come la sopracitata Zastava. Fabbriche locali che potevano in collaborazione con quelle straniere conquistare un posto nel mercato mondiale sono state distrutte e chiuse, ma la situazione non è migliore neanche in Bosnia, in Croazia o in Slovenia, come del resto in nessun territorio dell'Ex-Jugoslavia. Sembra quasi che la lotta del nostro popolo abbia perso senso dopo gli anni '90 e le guerre sanguinarie che hanno portato alla chiusura del SOKO di Mostar, impedendo lo sviluppo di Đure Đaković di Slavonski Brod o che hanno ridotto a una sopravvivenza la Petoletka di Trstenik, quest’ultima che è riuscita a ritornare sul mercato mondiale dopo che i lavoratori hanno deciso di riprendersela e ristrutturarla, anche se ora non producono più pezzi per i Boeing, continuano a lavorare nel settore idraulico per aziende russe e bielorusse.
L’unica soluzione è che i nostri lavoratori riconquistino le fabbriche, dagli investitori stranieri non si può ottenere nulla, in quanto sono qui solo per difendere il proprio profitto, come soprattutto anche nel caso della FIAT, per poi lasciare dopo poco tempo i lavoratori sulla strada.


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